La spada, il principe e la strega

Tempo di lettura: 6 minuti

LA SPADA, IL PRINCIPE E LA STREGA

un racconto di Paolo Rocchigiani

 

Il cavaliere tirò a sé le redini con decisione e il cavallo rispose prontamente fermandosi con uno sbuffo. Facendo perno sulla sella smontò con agilità dalla groppa del compagno di mille scorribande e una volta a terra, allentato la briglia, lo condusse a piedi docilmente per un breve tratto fino ad una piccola radura. Il viaggio era stato lungo, ma nonostante tutto non sembrava aver lasciato su di loro particolari segni di stanchezza. Arrivati dove la vegetazione cominciava a prendere il sopravvento su tutto il resto, fece scivolare indietro il cappuccio del mantello e, con una carezza sulla criniera, lasciò il suo nero destriero legato poco saldamente ad un basso arbusto, tanto per permettergli di liberarsi facilmente in caso di necessità. Poi, senza guardarsi indietro e rompendo ogni sorta di indugio, con passo sicuro, il giovane principe si addentrò nella grande foresta a sud del regno di suo padre.

Portava con sé la sua spada, il suo coraggio e poc’altro nella logora borsa a tracolla. La sua caccia segreta aveva un obiettivo da far tremare anche i più coraggiosi e certamente quel nome non era da sbandierare ai quattro venti con la leggerezza dello sprovveduto. Eh sì, perché il principe si addentrava nella foresta deciso a trovare la strega Deliamarai. Così la chiamavano gli anziani che ne avevano appreso il nome dai propri nonni i quali, a loro volta, l’avevano sentito dai loro. Da troppo tempo ormai quel nome insistentemente ritornava legandosi a notizie di bimbi spariti in circostanze misteriose, di raccolti andati perduti nonostante stagioni favorevoli e di giovani fanciulle che avevano perso il lume della ragione senza apparente motivo. E questi erano solo i fenomeni più conosciuti, i più pittoreschi che allarmavano il senso comune. Dovunque infatti il nome della strega era associato alle disgrazie più nere. Nei villaggi del Regno il popolo aveva una paura malcelata e, sempre più spesso, anche lontano dalla sicurezza dell’intimità dei focolai domestici, si moltiplicavano i racconti su  incontrollate danze di luci colorate, di incombenti ombre enormi ed oscure animate di vita propria, di fiamme azzurre che avvampavano improvvisamente alte più delle mura di cinta della capitale e di canti intrecciati ad urla provenienti dalle profondità della foresta da far gelare il sangue nelle vene: dalla casa di Deliamarai precisamente, come affermavano i soliti audaci ben informati.

La verità è che però nessuno aveva mai visto questa dimora e tantomeno conosceva il punto preciso dove fosse situata all’interno della foresta. Neanche i cavalieri del Re erano mai riusciti a trovarla nonostante le tante spedizioni partite dal castello per tentare di placare la sete di giustizia e sicurezza del popolo. Tutto si era sempre risolto in un nulla di fatto, forse perché alcuni degli armati non credevano nella sua esistenza, forse perché cacciatori incapaci o, forse più semplicemente, perché era di fatto impossibile catturare una pura fantasia. In molti infatti adducevano ogni sorta di spiegazioni, più o meno convincenti, agli eventi a lei attribuiti e l’opinione predominante, nella capitale del Regno almeno, era quella che la strega non fosse altro che la protagonista di una leggenda creata ad arte per diventare un perfetto capro espiatorio per rispondere al perché delle terribili fatalità tipiche dell’umana esistenza. Il gran ciambellano ripeteva che le streghe non esistevano e che altri erano i veri problemi, mettendo in guardia dai pericoli del credere alle superstizioni. Dopotutto quello che contava davvero a corte era far quadrare i conti esigendo tasse e tributi, mantenere il potere, guardarsi le spalle da possibili usurpatori e conquistatori, intercettare i pettegolezzi delle tante dame, cortigiane e dignitari, regolare la successione al trono e mantenere i confini del regno se non provare ad espanderli con nuovi conflitti.

Ma al principe, di tutto questo, non era mai importato nulla: ciò che gli stava a cuore era solo il suo popolo. Popolo che non aveva dubbi sulla reale esistenza della strega: era lei la causa delle disgrazie più grandi che colpivano il Regno. Di fatto però non sembrava esistere una spiegazione e tantomeno una soluzione al mistero di Deliamarai e quindi il giovane decise che sarebbe stato lui a risolvere una volta per tutte l’annosa questione. Un’ala della biblioteca di suo padre era colma di libri di racconti sulle gesta di eroi senza macchia e senza paura. Campioni più o meno consapevoli, ma ricchi delle rare virtù dei predestinati, avevano sempre avuto la meglio sugli eterogeni ed oscuri castighi mandati dal Fato sulla povera gente, incarnati ora in un drago dall’intelligenza pari solo alla sua ferocia, poi in un tiranno folle e sanguinario, una maledizione paurosamente contagiosa, un’orda di demoni conquistatori e così via. Aveva letto ognuno di quei libri più e più volte ed era sicuro in cuor suo che il suo momento sarebbe arrivato fin dal giorno in cui suo padre, colmo dell’orgoglio di un genitore, gli aveva affidato la spada simbolo del suo rango principesco. Dopotutto ogni eroe degno di rispetto aveva una spada al suo fianco e nessun tra i suoi preferiti faceva eccezione.

Con questo fuoco in corpo che prendeva sempre più forza, e non potendo contare sull’aiuto di compagni avventurieri per l’impresa che lo attendeva, un mattino senza nuvole in un cielo turchese, partì da solo alla volta del suo destino. Aveva studiato con attenzione i resoconti di tutte le precedenti ricerche, incrociandoli con le poche mappe disponibili delle zone immediatamente adiacenti alla foresta, e si era fatto un’idea promettente su dove dirigere la sua ricerca. Nessuno si sarebbe accorto della sua assenza: era normale non vederlo per giorni al castello. Non gli piaceva la vita di corte ed era sempre in giro per il regno con la sua fedele cavalcatura, in fin dei conti doveva prendere possesso e conoscenza del suo futuro dominio. Con una smorfia che doveva essere un sorriso, non poteva fare a meno di pensare al suo ritorno trionfante mentre la vegetazione diventava sempre più fitta man mano che si faceva largo attraverso di essa. Aveva sempre avuto un gran senso dell’orientamento, ma più si addentrava in quella oggettivamente inquietante foresta e più sentiva che diventava difficile tornare indietro. Il tempo scorreva veloce durante il suo faticoso cammino e ben presto divenne impossibile fare un altro passo a causa del buio che, alla fine, lo colse mentre sceglieva se seguire quello che sembrava un sentiero promettente. Volgendo lo sguardo in alto pensò che anche se una luna piena si fosse alzata nel cielo, nessuna luce sarebbe trapelata tra gli intrigati e quasi inaccessibili rami di quel selvaggio regno arboreo. Il principe allora tirò fuori dalla borsa la piccola lanterna che aveva preparato proprio per l’evenienza, la accese e, con il viso illuminato dal pallido bagliore che teneva in pugno, continuò a dirigersi verso quello che, nelle sue convinzioni, era il centro della foresta e quindi il plausibile luogo dove avrebbe trovato il suo obiettivo.

Erano passate diverse ore da quando aveva lasciato il suo cavallo e tutto ciò che aveva visto era solo un gigantesco ed intrigato labirinto fatto di alberi, arbusti, rami, pietre e foglie. Un sussurro nel vento in lontananza attirò la sua attenzione. Avrebbe giurato si trattasse di voci o molto probabilmente solo paurose suggestioni provocate dalla tenebrosa foresta. Ridusse al minimo la fiamma della piccola lanterna nascondendola dietro il mantello e attese accovacciato in posizione di difesa. A orecchie tese e con una mano alla spada al suo fianco prese il suo tempo e quindi decise di proseguire verso la direzione da cui sembravano provenire quelle strane eco. Poteva sentire il cuore battere velocemente e rimbombare nel suo petto. Lo spirito d’avventura permeava l’intero suo essere. Con cautela illuminò davanti a sé scegliendo con cura dove posare i suoi passi. Stava scendendo in quella che sembrava essere una grande depressione nel terreno. Sotto di lui le foglie attutivano il suo cammino nonostante i passi si facessero più pesanti perché in discesa. Proseguì verso il basso costeggiando il fianco, al tatto brullo e roccioso, di una collina che delimitava un lato dell’avvallamento.  Quasi perse l’equilibrio visto che l’improvvisato sentiero diventava più stretto ed impervio, senza contare le difficoltà derivanti dal buio della notte che prendeva il sopravvento su ogni cosa al di là del potere della piccola lanterna. Intorno tutto si fece ancora più buio se possibile. Ancora una volta gli sembrò di udire delle voci, non poteva averle solo immaginate. Convinto della bontà della direzione che aveva scelto continuò a muoversi. Con grande attenzione arrivò infine su di un piano che sembrava stabilmente pianeggiante. Non sapeva di quanto fosse ridisceso e, alzando in alto la lanterna, non riusciva ad aiutarsi in una valutazione attendibile. Muovendola intorno a sé, lunghe ombre prendevano forma mostrarono l’entrata di una caverna. Raccogliendo coraggio e presenza a sé stesso, entrò accorgendosi di scendere ancora più in profondità nel sottosuolo. Lo spazio era angusto e rendeva difficile il cammino, ma andava allargandosi man mano che si procedeva facilitando il passo. La luce della lanterna illuminava in tutte le direzioni mostrando solo roccia tutto intorno. Una strana nebbia prendeva forma dal terreno finché in lontananza un bagliore tiepidamente prendeva ad illuminare l’antro. Il principe spense la fonte di illuminazione che gli aveva permesso di arrivare fin lì e, estremamente guardingo, proseguì lasciandosi guidare dall’inaspettata luce.

Voltando all’ennesimo bivio, la caverna assunse dimensioni sempre maggiori e, nel mezzo dell’enorme stanza che gli si aprì davanti, prese forma ai suoi occhi increduli una casetta in legno dalle cui finestre si sprigionava la luce che aveva seguito. Una casa piccola, ben tenuta, con tanto di comignolo in pietra con relativo fumo all’interno di una grotta non era certo quello che si aspettava di trovare. Si accovacciò prendendo riparo dietro un gelido masso e presto le voci che aveva percepito in superficie divennero chiare. Qualcuno rideva e discuteva all’interno dello strano domicilio. Cercò di fare velocemente mente locale. Il piano era quello di avvicinarsi e magari sbirciare dentro da una delle finestre. Non gli sembrava un’idea tanto malvagia e tra le ombre si mosse deciso. Aveva trovato davvero la casa della strega Deliamarai?

Paolo Rocchigiani

 

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