Il filtro che faceva volare

Tempo di lettura: 4 minuti

IL FILTRO CHE FACEVA VOLARE

un racconto di Paolo Rocchigiani

 

Dalla collina ad est del villaggio, oltre il bosco degli antenati, si alzava una fine e sinuosa colonna di fumo. Veniva dalla tenda del vecchio Nubinaru, non c’erano dubbi. Il fatto è che c’era sempre del fumo che usciva dalla sua tenda fatta da colorati rattoppi e mille cuciture grossolane. Chissà perché questa volta la cosa mi aveva così colpito.

Probabilmente la noia mi rendeva sensibile a tutto ciò che in un modo o nell’altro poteva distrarmi dalle mie mansioni ordinarie. Il mio gruppo guerriero era a caccia e io ero stato costretto a rimanere al villaggio a preparare delle frecce nuove. Una bella seccatura che però era uno dei compiti che toccava a noi minori. Tra una freccia e l’altra però non potevo fare a meno di chiedermi cosa stesse combinando lassù quel vecchio pazzo.

Dopo che il grande capo Subitai lo aveva allontanato, si faceva vedere molto raramente al villaggio, d’altronde l’esplosione che aveva provocato non aveva ferito nessuno solo per puro caso e Subitai non aveva avuto altra scelta che pensare alla sicurezza del villaggio. Nubinaru non aveva neanche provato a giustificarsi accettando in silenzio l’allontanamento. I giovani guerrieri  lo prendevano in giro, ma il saggio Avirai li riprendeva sempre quando esageravano e non perdeva occasione per ricordare che Nubinaru era stato il primo a volare tra le aquile. Quando cominciava con la storia dei nostri sacri volatili purtroppo anche il saggio finiva per essere preso in giro a sua volta senza avere però  nessuno che prendesse le sue difese.

Stavo fantasticando quando finii per tagliarmi con una punta di freccia particolarmente ben riuscita. Alzando gli occhi al cielo, cercando di fermare il poco sangue che mi usciva dal dito, mi soffermai a guardare attentamente il fumo che continuava a salire in cielo. Ecco cosa mi aveva colpito! Aveva dei riflessi blu, proprio come quando ci fu la grande esplosione che costrinse l’allontanamento del vecchio. Dovevo assolutamente andare a vedere cosa stava succedendo.

Senza avvertire nessuno misi delle frecce nella faretra, mi assicurai di avere il pugnale al mio fianco, presi l’arco e furtivamente mi misi in marcia alla volta della tenda di Nubinaru. Conoscevo una buona scorciatoia attraverso il bosco degli antenati, non era certo la prima volta che andavo a sbirciare gli affari dello stregone. Non ci misi molto ad arrivare nei pressi della tenda. 

Mi nascosi nel solito piccolo anfratto da cui avevo un’ottimo e sicuro punto di osservazione. L’appostamento diede subito i suoi frutti.  Vidi il vecchio Nubinaru cadere pesantemente a terra vicino alla tenda e altre tre figure avvicinarlo minacciosamente. Non erano certo del villaggio.

Purtroppo non riuscivo a sentire  quello che si dicevano: dovevo avvicinarmi. Uno dei tre estrasse un pugnale. A quel punto, senza troppi pensieri, incoccai, presi la mira e tirai colpendolo di striscio all’avanbraccio. L’arma gli cadde dalla mano e gli altri si misero in allerta. In modo confusionario,  provarono ad afferrare il vecchio. Scoccai allora un’altra freccia mancando il bersaglio.

Uno dei tre prese una sacca che era a terra e fuggì via seguito dai suoi compagni. Mi precipitai dal vecchio, non mi fece neanche parlare, si rimise in piedi, entrò nella tenda e ne uscì subito dopo con due ampolle. Si cosparse il capo con il contenuto di una delle due e poi svuotò l’altra su di me. Il liquido oleoso aveva un odore terribile. Incurante della mia smorfia di disgusto strizzò l’occhio e mi afferrò il braccio.

Pronunciò le parole di un canto breve, poi una forza  cominciò letteralmente a sollevarmi, sempre di più, sempre più in alto. Nel giro di pochi istanti stavo davvero volando con Nubiranu  al mio fianco a guidarmi. Volare mi sembrò la cosa più naturale del mondo.

Non c’era tempo da perdere e ci lanciammo all’inseguimento dei tre forestieri. Non ci volle molto perché li raggiungessimo. Una volta su di loro, lo stregone mi ordinò di lanciare le mie frecce senza colpire nessuno con lo scopo di incalzarli e spingerli verso il dirupo di Omillai. Così feci: erano in trappola.

Fluttuando in aria di fronte ai tre intrappolati con il vuoto alle loro spalle e senza via d’uscita, lo stregone chiese con voce calma ma potente che gli venisse restituito ciò che avevano trafugato. Quello che doveva essere il capo studiava la situazione guardando preoccupato il dirupo dietro di lui mentre cercava di prendere tempo. Alla fine, con le mani aperte in segno di resa, promise che se li avessimo lasciati andare avrebbe restituito il maltolto senza creare ulteriori problemi.

Ci avvicinammo con cautela, ma senza preavviso i ladri attaccarono tentando un’azione disperata per uscire dallo stallo. Istintivamente risposi con una freccia che quasi colpì il più grosso ad una spalla. Nel tentativo di schivare il mio proiettile mise un piede in fallo e goffamente cercò di aggrapparsi agli altri due. Il fragile terreno sotto di loro non offrì un appiglio sicuro e anzi finì per sgretolarsi sotto i loro piedi. Senza possibilità di salvezza caddero inesorabilmente nel vuoto.

Nubiranu si lanciò allora in picchiata mentre io non avevo avuto la prontezza di fare niente. Attesi senza sapere come comportarmi e, mentre ero ancora a galleggiare nell’aria lì di fronte il dirupo, Nubiranu riapparve fluttuando e tenendo in mano la borsa che gli era stata rubata. Ricordo ancora il largo sorriso sdentato del vecchio stregone. Le ampolle del suo filtro segreto erano salve.

Tornammo a piedi alla sua tenda malridotta e da quel giorno non dovetti annoiarmi più a costruire frecce. Imparai il segreto del fumo blu per la preparazione del filtro che faceva volare, ero sicuro che col tempo avrei trovato il modo per renderne l’odore meno nauseabondo, e divenni l’apprendista di Nubiranu, lo stregone che per primo aveva volato con le aquile. 

Paolo Rocchigiani

 

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