Il passaggio del turno

Tempo di lettura: 2 minuti

IL PASSAGGIO DEL TURNO

un racconto di Paolo Rocchigiani

 

Incredibile, eravamo sotto di un gol e non ci stava riuscendo nulla di quello che avevamo pianificato in settimana. Le nostre aspettative su quella partita erano francamente molto diverse dal quadro che si era andato delineando e più il tempo passava e più il nervosismo si impadroniva di noi.

Loro un tiro, un gol, noi solo tanta confusione ed errori da dilettanti. Ci bastava un pareggio per passare il turno e qualificarci alla finale, ma l’approccio era stato pessimo e se possibile la nostra reazione allo svantaggio era stata anche peggiore.

C’era poco da giraci intorno: tutto sembrava presagire una eliminazione clamorosa con polemiche infinite. Già mi immaginavo i titoli dei giornali l’indomani e sicuramente per me ci sarebbe stato un posto di rilievo nella berlina mediatica.

Il loro centrocampista di contenimento mi seguiva come un’ombra e c’erano sempre l’esterno o la mezz’ala pronti a raddoppiarmi anche con le maniere forti. Praticamente non mi era riuscito nulla dal fischio di inizio, non un dribbling, non un passaggio filtrante e di tiri degni di nota neanche l’ombra. Il fatto è che loro erano cortissimi e ci pressavano alti e feroci, noi invece spaccati in due tronconi, lunghi e con poche idee tra l’altro anche confuse.

Il mister urlava frasi senza senso da bordocampo roteando ampiamente le braccia mentre quasi entrava in campo. Dal canto nostro ogni errore forniva un ottimo pretesto per insultarci l’un l’altro.

Dopo la loro ennesima occasione, il morale della squadra stava definitivamente colando a picco. La fascia di capitano era diventata pesantissima. Provai allora a portare fuori della zona centrale del campo i miei marcatori per dare più spazio ai compagni per i loro inserimenti, mi sembrava la cosa migliore da fare.

Con un po’ di fortuna recuperammo un pallone che arrivò a Lele. Dopo un insperato buono stop, si involò provando a fare una serpentina. Purtroppo era veramente scarso e infatti lo perse malamente, ma il loro centrale più alto, per contrastarlo, finì per ritrovarsi fuori posizione.

Per un luminoso istante avevano perso le distanze tra i loro reparti. Sul goffo rimpallo il nostro portiere se ne accorse per primo, uscì dalla sua area e senza esitazione lanciò lungo sulla nostra punta centrale scavalcando l’affollato centrocampo. Senza un degno avversario a contrastarlo, quel pennellone, che di italiano sapeva solo le parolacce, poteva mettere di testa la palla dove voleva. Mi aveva visto, ne ero sicuro e scattai per raccogliere la sua spizzata, era uno schema che provavamo spesso. Il pubblico ebbe un sussulto rumoreggiando sempre di più, sembrava aver intuito cosa sarebbe successo.

Li prendemmo in contropiede imbastendo dal nulla una nostra classica ripartenza. Il pallone aveva i giri giusti, mi stava arrivando proprio sul destro a mezz’altezza, come piace a me. I loro difensori mi avrebbero presto chiuso, ma avevo conquistato una buona posizione, non ci pensai un secondo di troppo e tirai al volo.

L’avevo impattata davvero bene e la palla prese a viaggiare spedita verso l’incrocio. Il loro portiere sembrava in leggero controtempo, che bel tiro che mi era uscito!

Ma tutto intorno a me lo stadio si ammutolì di colpo.

Contiuna——>

Paolo Rocchigiani

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